A volte ritornano. Nel vecchio film si parlava di zombie, ma per chi mi vedesse in questo momento (dopo 22 km di camminata per 900 metri di dislivello positivo) la differenza è davvero minima.
Diciamo che, a fine giornata, sono un pochino affaticata, tanto per usare un eufemismo. Ma è una stanchezza buona, e non è solo un modo di dire.
Sto scrivendo dal piccolo borgo di Orsières, in Svizzera, sulla Via Francigena lungo il tratto che in tre giornate mi porterà al passo del Gran San Bernardo e al confine con l’Italia. È un itinerario che avevo già percorso tempo fa, quando avevo raccolto il materiale per scrivere la “Guida alla Via Francigena svizzera” (per inciso: la trovate sempre, online o ordinandola al vostro libraio di fiducia), e che avevo raccontato anche sul blog. Il racconto dell’arrivo a Martigny lo trovate qui e la descrizione della tappa di oggi, da Martigny a Orsières, è qui.
Vi lascio i link perché da molti punti di vista poche cose sono cambiate lungo il percorso. Incluso il caldo micidiale che, allora come oggi, ha reso la camminata decisamente più faticosa.
Ma quindi che ci faccio, di nuovo qui?
Potrei lasciare la risposta al buon José Saramago: “Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si era visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre”.
E potrei anche aggiungere che ero un po’ in astinenza da Francigena, perché ogni anno sento il bisogno di ritornare almeno su qualcuna delle tappe di un percorso a cui sono legata da un amore speciale.
Tutto vero, anche se la motivazione contingente, in realtà, è un po’ meno poetica: sono stata infatti invitata da AEVF/Associazione Europea Vie Francigene e Pays di Saint Bernard a un viaggio stampa dal bellissimo titolo “La Via Francigena attraverso i borghi medievali vallesani”, che di fatto corrisponde alla lunga salita da Martigny al Gran San Bernardo. Questo significa che questa volta sono in viaggio con un simpatico gruppo di giornalisti, blogger e videomaker (tutta gente con cui, per i soliti stupefacenti meccanismi che si attivano nei viaggi lenti, dopo 24 ti sembra di essere amica da lungo tempo), oltre a due vispe guide locali che ci riempiono di informazioni e ci costringono a tenere un passo sufficientemente dinamico.
Perché – stanchezza a parte – il percorso di oggi (nonostante un primissimo tratto che si conferma un po’ più “tignoso”) è un tale susseguirsi di panorami, di colori, di piccoli villaggi pieni di fascino, che è quasi impossibile non fermarsi ogni pochi minuti a scattare foto o a girare video.
Tra i molti incontri di oggi, ve ne racconto solo uno, che già mi aveva colpito la volta scorsa ma di cui solo successivamente ho capito il significato. Poco dopo Sembrancher (altro minuscolo e grazioso borgo circa a metà del percorso) ci si inoltra in un paesaggio decisamente montano, con coste in ripida pendenza e i picchi alpini coperti di neve che iniziano a fare capolino all’orizzonte. E a un certo punto, in modo del tutto incongruo, ci si trova a camminare in mezzo a enormi orti-giardini perfettamente tenuti e dai colori straordinari: rose canine, echinacee, altri cespugli colorati e profumatissimi.
Sembra il lavoro di un “giardiniere estremo”, abilissimo e un po’ pazzo. Invece sono i vivai dove vengono coltivate le piante per la produzione delle caramelle Ricola, che quindi evidentemente non raccontano panzane quando parlano delle loro erbe di montagna e che a questo punto mi sono ancora più simpatiche.
Per oggi è tutto, nel senso che non ho la forza di raccontarvi altro. Però io ve lo dico: se potete, veniteci: perché in questo cammino c’è tutta la bellezza di luoghi di montagna autentici; ma c’è anche qualcosa di più, di intimo e profondo, in questa faticosa ascesa verso l’alto, verso un punto di passaggio a un paese diverso. Che cosa, non sono in grado di spiegarlo a parole (soprattutto in un momento in cui il mal di piedi reclama la mia attenzione), ma se avete già provato questo tipo di esperienza lo capite di sicuro.
