Mi chiamo Monica Nanetti, sono nata nel 1961, vivo a Milano, appartengo alla disastrata categoria dei giornalisti free lance, ho un matrimonio alle spalle e una figlia ormai grande e indipendente. Un ritratto non particolarmente degno di nota, ma che – interpretato in un’ottica positiva – offre anche alcuni vantaggi: il primo è una notevole libertà dagli impegni famigliari (che è poi il positivo rovescio della medaglia di essere single); il secondo è che, avendo abbondantemente superato il mezzo secolo di vita, le smanie di carriera sono ormai alle spalle, come pure l’esigenza piacere o di dimostrare qualcosa a chicchessia; il terzo è quello di avere un lavoro autonomo, che mi permette una certa elasticità nel decidere i miei tempi di lavoro e di vacanza (anche se questa elasticità la si paga poi abbondantemente nell’organizzare il lavoro, prima e dopo). Non sono una persona particolarmente sportiva, ma ho sempre amato i viaggi: anche quelli un po’ scomodi, purché ne valga la pena. Ed è da poco tempo che ho fatto un’interessante scoperta: per regalarsi una piccola avventura non c’è tanto bisogno di condizioni privilegiate, quanto di riuscire per un po’ a staccare la spina da quel senso del dovere che spesso ci schiaccia, e che non sempre è giustificato dai fatti.