E anche questa è fatta. Terza e ultima tappa del press tour che mi ha portato attraverso il “Pays du St.Bernard”, percorrendo a piedi l’ultimo tratto in territorio svizzero della Via Francigena. Tappa importante e anche in qualche modo simbolica, che ha condotto il nostro piccolo gruppo di giornalisti, blogger, videomaker da Bourg Saint Pierre fino al Passo del Gran San Bernardo, al confine con l’Italia e a 2473 metri di quota.
Un cammino non proprio di tutto riposo (i km sulla carta sono circa una dozzina con meno di 900 metri di dislivello positivo, però noi con qualche arzigogolo aggiuntivo abbiamo messo insieme a fine giornata un bel 18 km per 1100 metri di dislivello), ma sostanzialmente privo di difficoltà tecniche. Si sale, questo è certo, e la fatica alla fine si fa sentire; complice anche un sole splendente e un caldo micidiale che ci ha accompagnato fino alla cima del passo (appena arrivata ho prosciugato in meno di un minuto un bicchiere di birra alto quasi come me). Ma anche se si svolge in un ambiente di alta montagna, il percorso corre – si fa per dire – su piccole strade sterrate, comodi sentieri, larghe mulattiere.
C’è un motivo per cui questo tracciato è così scorrevole, nonostante la durezza dell’ambiente circostante; un itinerario che attraversa piccoli borghi silenziosi, si arrampica a fianco di una imponente diga, costeggia il relativo lago artificiale (alla cui estremità sono stati posti a galleggiare una grande batteria di pannelli fotovoltaici, moltiplicando così le potenzialità di produzione di energia “pulita”) e si inerpica in scenari brulli e severi di alta quota.
Anzi, di motivi ce n’è più d’uno, dal momento che questo è stato fin da tempi remoti un tracciato di grande importanza commerciale e politica. Ma l’evento che ha lasciato una traccia particolarmente vistosa risale all’anno 1800, quando Napoleone Bonaparte varcò il passo con un’armata di oltre 40.000 uomini (destinazione: combattere gli austriaci, cosa che gli riuscì particolarmente bene nella famosa battaglia di Marengo). Quarantamila uomini, armi, cannoni, animali, attrezzature, servizi di supporto: immaginare una simile carovana in questa impervia vallata ha del sorprendente.
E ancora più sorprendente è la storia che mi hanno raccontato: prima della partenza, il “Premier Consul” aveva concordato con Bourg Saint Pierre – il villaggio più prossimo al passo – la collaborazione e il supporto dei valligiani per agevolare la marcia.
La lista della spesa comprendeva bazzecole come 22000 bottiglie di vino, 1600 chili di formaggio, 180 chili di riso, 230 chili di pane, 850 chili di carne, 188 paioli, legname corrispondente a oltre 2000 alberi e 3150 ceppi da utilizzare come rulli su cui spingere i cannoni lungo la salita, un numero imprecisato di muli e tutta la necessaria manodopera per adattare i sentieri e agevolare il passaggio dell’armata. Un conto che ammontava a 40.000 franchi dell’epoca, che il buon Napoleone si guardò bene dal pagare, eclissandosi con nonchalance verso i campi di battaglia.
Questo debito insoluto si è trascinato lungo i secoli, nonostante gli abitanti di Bourg St. Pierre avessero conservato il contratto siglato da Napoleone e avessero ripresentato a cadenza periodica le loro richieste al governo francese. Fino ad arrivare al 1983, quando il presidente Mitterand si vide recapitare dal sindaco di Bourg St Pierre (200 abitanti) una fattura di 60 milioni di euro, corrispondenti al conto iniziale più 184 anni di interessi composti; rendendosi probabilmente conto che forse la richiesta fosse un po’ fuori misura, il sindaco si propose disponibile a una sostanziale riduzione a 30.000 franchi svizzeri. Illusi. Un anno dopo, nel 1984, quello che arrivò a Bourg St Pierre a chiusura di ogni sospeso fu una lettera del presidente Mitterand e un bel medaglione commemorativo di quasi un metro di diametro, attualmente conservato in paese a futura memoria.

E sempre a proposito di Napoleone, visto che ormai questo post ha assunto un taglio storico, una cosa divertente riguarda la comunicazione dell’evento. Che Bonaparte utilizzò anche per promuovere e pompare la propria immagine di valoroso condottiero, commissionando al pittore Jacques Louis David non uno, ma ben cinque trionfali ritratti equestri dal titolo “Bonaparte valica il Gran San Bernardo”. Peccato che, per le caratteristiche e la ripidezza del percorso, in realtà sarebbe stato del tutto impossibile affrontare la salita a cavallo: il buon Napoleone dovette di fatto farsi trasportare da un assai meno prestigioso mulo, arrivando presumibilmente stanco, ingrugnito e semicongelato: così infatti lo raffigura una statua posta di recente sul passo, appena oltre il confine italiano. Insomma, un evidente caso di “personal branding” ante litteram, e anche la dimostrazione che filtri, ritocchi e altre tattiche di abbellimento risalgono a ben prima dell’epoca degli influencer.
Vabbè, come al solito mi sono dilungata anche troppo: il fatto è che questo cammino, al di là della straordinaria bellezza dei panorami, ha una tale densità di storia e storie che si potrebbe stare a parlarne per mesi.
Per quanto mi riguarda, resta la soddisfazione per aver finalmente completato il percorso che la volta scorsa avevo dovuto abbandonare a 4 km dall’arrivo causa maltempo (trovate il racconto qui). E la malinconia di rientrare in città e alla vita di tutti i giorni, dopo un intervallo di cieli blu, sentieri nei boschi, sana fatica e persone belle e interessanti con cui condividere tutto questo.

