E niente: il percorso non è migliorato, io non sono affatto più in forma di tre anni fa e la Poderosa, con tutto il suo impegno, non riesce a fare la differenza.
Se 80 km di pianura in un giorno vi sembrano una cosa tutto sommato ragionevole, vi invito a provare a seguire la Via Francigena da Vercelli a Pavia. È vero che loro, “i francigeni”, non sottovalutano la cosa, tanto è vero che la guida ufficiale prevede di suddividere il percorso in due giornate (Vercelli-Mortara e Mortara-Pavia).
Ma dal momento che il tempo a disposizione è quello che è, e che lo avevamo già fatto la scorsa volta, ho pensato bene di ripetere la furbata del “raddoppio di tappa”. Peccato che, degli 80 km complessivi, la maggior parte sia su sterrato (e intendo “gravel” serio, non le tranquille stradine bianche dal fondo stabilizzato); e, soprattutto, almeno una ventina di km (da Mortara a Garlasco) sono su SABBIA. Sabbia vera, come sotto l’ombrellone di Cesenatico, in cui le ruote affondano fino al cerchione e lì si piantano: non sto a dirvi la fatica di pedalare, o anche solo di non cadere, in simili condizioni.

Vabbè, comunque a Pavia ci sono arrivata, sana e salva. Quindi passiamo alle tante cose belle della giornata, fatta soprattutto di incontri.

Il primo con la mitica Carla, che ho finalmente incontrato di persona per la prima volta dopo tre anni di “amicizia di penna”. È una ragazza che abita in una bella fattoria nei pressi di Vercelli, proprio sul tracciato della Via Francigena. Ma non voglio anticiparvi troppo, perché prossimamente avrò modo di parlare – e di farla parlare – raccontando la sua storia davvero speciale; intanto, però, se volete farvi un’idea, andate a vedere la sua pagina Instagram @young_farmer_girl e vi assicuro che rimarrete affascinati.
Altro incontro piacevole (e pensare che doveva essere un viaggio “in solitaria”…) quello con Adelina, già conosciuta all’ostello di Vercelli e incrociata di nuovo sul percorso, in sella alla sua ben attrezzata e-bike. Una simpatica signora della mia età con cui condivido un certo modo di approcciare il viaggio e la bicicletta, nonché una serie di interessi professionali; abbiamo affrontato insieme, chiacchierando allegramente, il fatidico tratto sabbioso, e questo ci ha permesso di uscirne un po’ meglio e di sentire un po’ meno la fatica.

E poi c’è il mitico signor Carlo: uno di quei personaggi che rendono la Via Francigena davvero speciale. Un tipetto super-dinamico, che dimostra poco più di 70 anni ma in realtà – ci ha confessato con un certo orgoglio – ne ha 82, che abita a Tromello, sperduto paesino in mezzo alle risaie.
Il buon Carlo, in sella a una Graziellina dipinta di bianco, rosso e verde, passa gran parte della sua giornata pattugliando il percorso che conduce al paese e intercettando pellegrini: che vengono regolarmente festeggiati e accompagnati in un cortile della parrocchia, su cui si affacciano un paio di locali dedicati all’accoglienza dei viaggiatori. Un posto assolutamente incredibile, in cui si ammassano materiali “di risulta” provenienti da donazioni di ogni tipo: poltrone scompagnate, un vecchio pianoforte verticale con tanto di candelabri, ritratti di santi e pontefici fatti a piccolo punto, e soprattutto – incredibilmente – un intero bancone da bar (con tanto di bottiglie) proveniente da un cambio di arredi di un vicino locale.
In tutto questo, ci si ritrova seduti nel fresco e nella tranquillità del cortile, su comode poltroncine all’ombra di un ombrellone, mentre Carlo offre bicchieroni di acqua fresca che ti rimettono letteralmente al mondo.


Un’accoglienza quasi magica, nella sua semplicità; tanto che il buon Carlo è diventato anche una specie di celebrità oltremanica, dal momento che è comparso con ampio risalto in un documentario che la BBC ha dedicato alla Via Francigena (“adesso gli inglesi che passano di qui mi chiedono se sono un attore… ma che attore, io dò solo una mano ai pellegrini!!”).
Unici crucci di Carlo, quello di non poter utilizzare i posti letto presenti in canonica a causa delle restrizioni da Coronavirus, e – per questo stesso motivo – la drastica riduzione nel numero di camminatori e ciclisti che passano di lì, soprattutto se provenienti dall’estero. Questo però non lo scoraggia, anzi: gli fa aumentare l’attenzione per non farsi sfuggire nessun pellegrino di passaggio: ci ha chiesto se avessimo incrociato qualcuno lungo la strada e quando, al momento di salutarci, gli abbiamo detto di aver avvistato un camminatore a una decina di km, è risalito in sella alla sua biciclettina e si è lanciato sotto il solleone, alla ricerca di un nuovo viandante a cui poter offrire ristoro. Peccato che un racconto non riesca a rendere più di tanto il fascino quasi irreale dell’intera situazione: ma datemi retta, questo è solo un esempio delle cose che succedono lungo il cammino.

Cambiamo ora argomento, e parliamo della mia evidente discalculia: in altri termini, della mia evidente incapacità di fare banalissime operazioni di somma. Questa sera, accasciata sul mio lettino, ho iniziato a guardare il percorso di domani e mi sono resa conto che non era di un’ottantina di km, come avevo incautamente preventivato, ma di circa 130. Che, considerate le due giornate precedenti, per me sono decisamente troppi.
Per cui, senza troppi rimpianti, ho deciso che si cambia programma: domani da Pavia farò rotta direttamente su Milano (magari con un piccolo zigo-zago tra il naviglio pavese e il naviglio grande, giusto per variare un po’). Ma per questa volta niente “Cammino dei Monaci”, che mi godrò in un’altra occasione con un mini-viaggio ad hoc. Magari quella volta progettato con l’aiuto di una calcolatrice…