Sono rientrata dalla mia vacanza montanara, ma è solo una finta. Prima di tutto perché il mio cervello – a differenza del corpo – in vacanza c’è ancora, e la mia voglia di lavorare è ai minimi termini. Ma anche perché in realtà tra pochi giorni sarò di nuovo in partenza per una mini-fuga: due giorni per scendere a piedi dal Passo del Gran San Bernardo (a 2473 metri di quota) fino ad Aosta.
Più che un supplemento di vacanza, è il completamento di un progetto: come ho raccontato in altre occasioni, quando lo scorso anno ho percorso in bicicletta la Via Francigena sono partita da Aosta, e non dal passo, perché mi ero rotta un polso da poco tempo e non volevo esordire con una prima tappa tutta di ripida discesa. Però quel pezzettino mancante mi era rimasto sullo stomaco, come un lavoro non finito. E così tra qualche giorno si parte.
Ma come al solito mi disperdo subito in cose che non c’entrano: perché non era esattamente di questo che volevo parlare, ma di un paio di cose che quest’estate ha portato con sé, che mi sono sembrate interessanti e che avevo voglia di raccontarvi.
La prima è che ho riscoperto la bellezza di leggere il giornale: quello su carta, intendo, da sfogliare al mattino bevendo il caffè e mangiando un croissant. Negli ultimi tempi (anni, ormai), mi ero abituata ad andare ogni tanto nel corso della giornata sul sito dei principali quotidiani e sbirciare i titoli, o al massimo dare una scorsa veloce sul monitor a qualche articolo che attirava la mia attenzione. Il tutto in modo distratto e frettoloso, inframmezzato dal rumore di fondo (aggiornamenti, bufale, polemiche) proveniente dai social network. Un’informazione superficiale, a spizzichi e bocconi, sempre priva di un minimo di riflessione perché la mia testa mentre leggeva le righe sul video era in parte già altrove, a una mail in arrivo o alla notifica di un messaggio whatsapp.
Credevo che fosse unicamente colpa mia e della mia incapacità di mantenere la concentrazione, paragonabile a quella di un moscerino della frutta, ulteriormente peggiorata con il procedere dell’età. Invece ho scoperto che tutto sommato “il mezzo conta” molto più di quanto immaginiamo, e leggere sulla carta un prodotto articolato e completo come un giornale è un’esperienza che non può essere sostituita da nulla (e meno che mai da un flusso continuo di flash news su uno schermo). Il piacere della carta stampata è qualcosa di diverso, che consente i ritmi giusti per la riflessione, che offre la comodità di sfogliare fisicamente il testo regalandogli una consistenza e uno spessore irripetibili (e lo dice una che scrive su un blog!).
La scoperta dell’acqua calda, direte voi. Mica tanto: guardate cosa dice questo articolo del Guardian (che peraltro ho trovato in rete e ho letto dal telefonino, in un cortocircuito un po’ surreale). Per chi non mastica troppo l’inglese, basti il titolo “La lettura ‘scremata’ è la nuova normalità. L’effetto sulla società è profondo”: il senso è che – come varie ricerche hanno dimostrato – questa abitudine alla fruizione on line dei testi fa di noi dei lettori parziali e distratti, incapaci di approfondire i concetti e di compiere analisi critiche. Cosa di cui invece, aggiungo io, in tempi come questi avremmo un assoluto e disperato bisogno.
Altra scoperta di questa estate: il piacere di viaggiare da sola, che ho scoperto nel viaggio in Canada del luglio scorso. Già, perché anche se faccio tanto la vecchia volpe, in realtà io non avevo mai viaggiato “davvero” da sola: in passato o si era trattato di spostamenti in solitaria per raggiungere altre persone, oppure di viaggi per motivi di lavoro: fatto, questo, che ti fornisce un motivo preciso per essere lì e in qualche modo ti protegge, ti legittima e giustifica la tua solitudine. I giorni che mi sono regalata in giro per il Québec, invece, sono stati scelti deliberatamente; e per la prima volta mi sono trovata a molti chilometri da casa, assolutamente sola, a girovagare senza nessuna meta in particolare. Anche se non si è trattato di un viaggio particolarmente avventuroso (orsi a parte, il Canada è accogliente e tranquillo come pochi posti al mondo) è stata un’esperienza assolutamente istruttiva, che consiglio a chiunque.
I primi giorni non sono facili, va detto; hai un perenne senso di imbarazzo che ti accompagna, quando ti siedi da sola al ristorante o quando chiedi una camera singola in albergo, come se dovessi in qualche modo giustificarti del fatto che non c’è stato nessuno disposto ad essere lì con te. E ogni tanto hai anche qualche momento di cedimento alla depressione, quando ti chiedi se sei davvero da sola perché lo hai scelto, o perché tutti ti hanno abbandonato. In realtà quando viaggi da sola ti trovi faccia a faccia con te stessa come non mai: è come se a venire con te fosse qualcuno che conosci, certo, ma solo superficialmente, che condivide la tua vita quotidiana ma con cui non hai mai occasione di entrare davvero in confidenza, di parlare scavando con sincerità nel profondo: in pratica la paura vera, che ti crea disagio, è quella di non piacerti abbastanza.
Poi però, nel giro di qualche giorno, le cose cambiano: proprio come si fa con un compagno di viaggio, un po’ alla volta smetti di osservare con diffidenza le tue reazioni, acquisti sempre più fiducia e inizi a godere veramente di ciò che ti sta intorno, senza preoccuparti di cosa penseranno gli altri vedendo una donna tutta sola (spoiler: in genere non pensano proprio niente, non è neanche detto che si accorgano che esisti). E a quel punto hai vinto un sacco di cose: la libertà di muoverti come ti pare, l’attenzione a ciò che ti sta intorno, ma soprattutto la consapevolezza che sei una persona con cui vale la pena di passare del tempo. Insomma, alla fine quando viaggi sola impari anche a volerti un po’ più bene.
Anche nella mia prossima camminata Gran San Bernardo-Aosta sarò da sola, perché al rientro dalle ferie è difficile trovare qualcuno che abbia la possibilità di prendersi qualche altro giorno di tempo; ma a questo punto la cosa non mi preoccupa per nulla.
Intendiamoci, però: non ho detto che viaggiare da soli sia meglio. Ho solo capito che imparare a viaggiare da soli è una capacità in più, che può essere utilizzata se e quando càpita. Ciò non esclude il piacere di viaggiare in compagnia: resto comunque convinta che poter condividere emozioni ed esperienze con amici e amiche sulla tua stessa lunghezza d’onda sia uno dei grandi regali della vita.