Tappa tranquilla, quella da Comacchio a Ravenna. Molto tranquilla, direi: soprattutto nella prima parte, in cui per evitare la famigerata e trafficatissima statale Romea i ciclisti che tengono alla loro pelle – noi, per esempio – scelgono di percorrere le stradine, in parte sterrate, che corrono lungo l’intero perimetro della grande laguna delle Valli di Comacchio (e qui, doppio interrogativo: perché “valli”? E perché mai al plurale??).
Sono posti dal fascino strano e particolare, soprattutto con un tempo un po’ bigio come quello che abbiamo trovato noi. Nessuna traccia di esseri umani, e tantomeno insediamenti, per una quarantina di km; solo silenzio, linee orizzontali, qualche relitto di barca e qualche vecchio casale abbandonato. Che poi, probabilmente, da queste parti c’è anche un sacco di attività… solo che non se ne vede segno. Solo sottili lingue di terra che si allungano su rettilinei infiniti in mezzo a specchi d’acqua perfettamente piatti e di un ipnotico colore verde lattiginoso.
A tenerci compagnia, in compenso, c’erano gli uccelli: tanti, diversissimi, di tutte le fogge e misure. Cormorani che si aggiravano in piccoli gruppi dall’aria grintosa come gang di periferia, germani allegri con le loro livree multicolori, grandi aironi bianchi e aironi cinerini dall’aspetto elegante e un po’ perplesso, buffe spatole dal becco appiattito, persino una cicogna (o almeno, noi siamo convinte di averla vista). E poi, soprattutto nella parte più meridionale, lo spettacolo dei grandi gruppi di fenicotteri rosa, che si spostano lentamente sulle loro lunghe zampe.
Solo una volta ritornate in vista della Romea, all’altezza di Casalborsetti, abbiamo ritrovato un po’ di segnali di presenze umane, sotto forma di una lunga fila di casotti per la pesca con le loro reti a bilanciere (si chiamano trabocchi anche questi? Chissà).
E poi, via sul lungomare, prendendo al volo il piccolo traghetto tra Porto Corsini e Marina di Ravenna, festeggiando l’arrivo in Romagna con una gloriosa piadina sul molo e proseguendo poi nella pineta fino al centro di Ravenna.
Verso le 3 del pomeriggio eravamo a destinazione; e meno male, perché scapicollandoci fuori immediatamente dopo aver depositato bici e borse in hotel, siamo riuscite a fare in tempo a visitare almeno un paio dei sei siti Unesco che rendono Ravenna una meraviglia di città. I mosaici della basilica di San Vitale e il Mausoleo di Galla Placidia sono spettacolari (tanto più pensando a quanto sono ancora vivi ed emozionanti dopo più di 1500 anni). Certo, come al net qualche perplessità sulla gestione c’è: non solo perché sei costretta ad acquistare un unico biglietto cumulativo per tutti i siti, a 12,50 euro. Che se hai tempo e modo di visitarli tutti, va benissimo; ma se per qualche motivo vuoi/puoi vederne solo uno o due, diventa un po’ una prepotenza. Tanto più – e questa è una cosa che mi irrita parecchio – che in un sito turistico di rilevanza mondiale come Ravenna, tutto (e sottolineo, tutto: luoghi di visita, uffici informazioni, sportelli per prenotazioni degli accessi) chiude precipitosamente alle 16.30. Ora, non si dice di fare accessi prolungati anche notturni (che pure…), ma cacciare fuori la gente a metà pomeriggio mi pare davvero una formula assai poco intelligente di gestione del patrimonio artistico.
Vabbè. Noi comunque abbiamo potuto ammirare sfilate di santi, imperatori e imperatrici, volte di cieli stellati, animali e decorazioni multicolori dalle raffinate geometrie. E dopo tanto pedalare, una dose di bellezze artistiche danno una nuova carica di energia (lo fanno pure i cappelletti al ragù, ma quella è un’altra storia)
