E il primo giorno di “Adriatica” è andato. Alla grande, posso dire. Prima di tutto perché i miei vari doloretti, come previsto, si sono fatti sentire molto meno (tra l’altro ho scoperto che posso tenere il tutore sulla mano mentre pedalo, il che mi rende un po’ rigida nei gesti ma facilita molto le cose); ma soprattutto perché questa prima tappa, in parte di trasferimento e in parte di pedalata, è filata liscia come l’olio.
Intanto il viaggio in treno (Milano-Mestre con cambio a Verona) non ha dato alcun problema, e incredibilmente abbiamo utilizzato treni comodi e con accessi che non ti costringono ad acrobazie in stile giochi senza frontiere. Tutto semplice, tutto facile: chissà che davvero non cominci a muoversi qualcosa, anche sul fronte dell’intermodalità bici + treno.
Ma la maggior parte del merito di questa prima giornata va comunque all’itinerario, davvero affascinante. Certo, la primissima parte (dalla stazione di Mestre al ponte della Libertà, alla volta di Venezia) non è proprio indimenticabile; oltretutto la chiusura di un ponte in ristrutturazione ci ha costrette a vagare qua e là senza molto costrutto; a un certo punto, per la paura di finire su una specie di tangenziale, abbiamo addirittura scavalcato un guard rail issando bici e borsoni dentro un fosso – fortunatamente asciutto – che ci divideva dalla ciclabile. Però dài, in qualche modo ce la siamo cavata (per la cronaca: 150 metri dopo c’era un comodissimo passaggio su strada asfaltata, che ci ha fatto sentire un po’ sceme).
Siamo arrivate al terminal del Tronchetto e da lì siamo salite su un ferry che ci ha comodamente scodellate al Lido di Venezia. Dopo di che, pedalando per ciclabili e tranquille stradine, siamo scese per tutta l’isola per poi prendere un altro traghettino fino a Pellestrina. Che è un luogo che ignoravo fino ad oggi, ed è un posto remoto e pieno di magia: se guardate la cartina, vedrete che Lido e Pellestrina sono due sottilissime lingue di terra, l’una la continuazione dell’altra, che dividono la laguna dal mare Adriatico, come una specie di diga naturale. Ma mentre il lido mantiene la sua atmosfera da località balneare, seppure in bassa stagione, Pellestrina è un posto molto più fuori dal mondo, dove le auto parcheggiate lungo la strada – che corre a pelo d’acqua – si trovano fianco a fianco con i pescherecci ormeggiati; dove le case sono dei colori più assurdi e improbabili, ma riescono a dare un complessivo effetto di armonia; dove la gente che vive lì, passata la buriana dei turisti estivi, si riappropria di vicoli, calli e piazzette chiacchierando sulla porta di casa o dal ponte delle barche. Oggi poi c’era un cielo strano, nuvoloso e spazzato dal vento, che dava a tutto quanto una luce metallica straordinariamente affascinante.
A proposito di vento: c’è, e parecchio forte. Soprattutto sull’ultimo traghetto, quello che da Pellestrina ci ha portato a Chioggia, ha soffiato con robuste raffiche, che ci hanno poi accompagnato fino al nostro albergo di stasera, sul lungomare di Sottomarina. Per andare a cena, questa sera, ci siamo imbaccuccate con tutto quello che avevamo (pile, giacche a vento, foulard) e vi assicuro che faceva ancora un freddo notevole. Se penso che eravamo in dubbio se portarci solo magliette e pantaloni corti “perché tanto andiamo a sud”, ringrazio il cielo per il brandello di buonsenso che ci ha portate ieri sera, dopo qualche consultazione telefonica, a modificare drasticamente il bagaglio.
Domani si prosegue verso il Delta del Po, sperando che il vento, che in questo momento sento soffiare vigorosamente fuori dalla finestra, si calmi almeno un po’.
Noi, intanto, stiamo riscoprendo il piacere di vagabondare su due ruote in assoluta libertà: una sensazione straordinaria, e il bello è che per tornare a sperimentarla basta un giro in laguna, a poche ore di treno da casa.
A domani!!
