Mia figlia sostiene che sono l’unica persona al mondo che più viaggia, più le si restringe la mente. Scherza (almeno, spero), ma mette in luce la costante di più o meno tutti i miei ritorni degli ultimi anni: un senso di meraviglia e gratitudine per il luogo in cui vivo.
Ho avuto la fortuna di visitare paesi molto diversi, vicini e lontani, modernissimi o ancorati a tradizioni millenarie, immersi nella natura o iper-tecnologici; viaggi che mi hanno sempre interessato e molto spesso entusiasmato, che mi hanno permesso di vedere cose, conoscere persone e sperimentare esperienze intense e straordinarie, che mi hanno messo di fronte a una fantastica varietà di culture, panorami, modi di vivere. Un’esplorazione che mi affascina e che spero di poter continuare a lungo in futuro.
Ma ogni volta che mi ritrovo a tornare in Italia, dopo un periodo abbastanza lungo, la reazione è sempre la stessa: resto invariabilmente sorpresa da quanto il luogo in cui vivo sia, a conti fatti, una delle più riuscite sintesi di come si possa vivere bene, a prescindere dalle solite classifiche pubblicate ogni tanto dai giornali.
Mi guardo intorno, alle cose a cui nelle ultime settimane ho smesso di fare l’abitudine, e mi ritrovo stupita e profondamente grata al destino per avermi fatto nascere e vivere nella parte più bella della parte più confortevole della parte più ricca dell’intero globo terracqueo.
Lo so che lo diamo per scontato, ma non è mica poco: clima meraviglioso che ci fa variare tutte le stagioni senza devastarci con fenomeni estremi; ogni tipo di splendido scenario naturale in una manciata di chilometri; un sistema sanitario che funziona (e se pensate il contrario, fatevi un giro all’ospedale di Yangon e poi ne parliamo); nessun animale pericoloso da cui difenderci; una storia millenaria che è parte integrante di ciascuno di noi e che ci regala delle radici di cui neppure ci rendiamo conto; un grado di libertà di pensiero e di parola che moltissimi paesi non possono neppure sognarsi. Potrei continuare, ma il concetto è chiaro e non vorrei sembrare uno spot dell’ente turismo.
Quello che cerco di dire è che il nostro paese potrà non essere il migliore sotto tutti gli aspetti; ma per ogni elemento che costituisce la qualità della vita di una persona, il livello è abbastanza alto da creare un mix straordinario, che non cambierei con nessun altro al mondo.
Non è provincialismo, anzi, è l’esatto contrario: è solo quando torno da un viaggio che riesco a comprendere e ad ammettere la misura della fortuna che ho avuto a nascere proprio qui, e non in qualsiasi altro posto. Me ne sono resa conto ancora meglio la primavera scorsa, nei mille chilometri di pedalata da Aosta a Roma lungo la Via Francigena, e me ne rendo conto in queste mattine, svegliandomi nella mia città, Milano, che è una vera meraviglia: viva, bella, piena di stimoli e di possibilità, ricca di eccellenze di ogni tipo. Penso che se scendessi da un aereo in un altro paese e mi trovassi in una metropoli come questa, me ne innamorerei all’istante.
Insomma, tra le tante cose che i viaggi mi stanno insegnando c’e anche questa, che ci tengo, nel mio piccolo, a condividere: dobbiamo imparare a renderci conto del grandissimo privilegio che, senza alcun merito, abbiamo avuto in dono nascendo in Italia. Certo che non va tutto bene, niente affatto: ci sono milioni di cose da migliorare, da eliminare, da correggere, da far funzionare; e proprio per questo dovremmo renderci davvero conto del patrimonio che abbiamo tra le mani, e darci da fare concretamente per custodire (e magari anche condividere, ma questo è un altro discorso un po’ troppo lungo per ora) un gioiello che, per puro culo, ci è toccato in eredità.