Confesso: mi sono arresa. A un certo punto della giornata, già provata dalle salite – e reduce peraltro da quelle del giorno precedente- mi sono rifiutata di arrampicarmi a pedali fino al punto panoramico di Rozhledna Polednik, nonostante la mia guida mi assicurasse che da lì, nel punto più alto dell’intera zona, lo spettacolo è assolutamente mozzafiato. Il problema è che ho già sputato sangue fino a qui, su percorsi che mi sono stati descritti come “tranquilli, fattibili, normali”; in questo caso invece la guida si è sbilanciato in un “piuttosto duro”, “parecchio ripido” e dal “fondo abbastanza irregolare”. E se tanto mi dà tanto… sicuramente un punto imperdibile per ciclisti più tosti di me, ma io al momento mi considero a posto, grazie. (Nota tecnica: che poi, anche senza deviazione, per oggi ho portato a casa 835 metri di dislivello distribuiti su 45 km, quasi esclusivamente su sterrato).
Comunque, con tutto il rispetto per la “cima Coppi” della regione, non si può dire che i punti panoramici mi siano mancati: il percorso di oggi si è snodato all’interno della selva Boema, ai confini con la Baviera, in quello che da una parte e dall’altra del confine è costituito come Parco Nazionale (che qui si chiama Národni park Šumava). E che parco! morbide montagne (che non salgono mai di molto oltre i 1000 metri), boschi fittissimi di abeti, piccoli villaggi accoglienti e allegri, ampie vallate che ti si aprono davanti appena guadagni un po’ di quota.
E poi, le ciclabili: fatica a parte (ma quello è un problema mio, facilmente risolvibile con un po’ di allenamento o in alternativa con un’ebike), assolutamente imperdibili: una rete fitta e ben segnalata di strade, stradine e stradelle in parte sterrate e in parte asfaltate, pochissimo frequentate e immerse in foreste che sembrano cattedrali. Difficile descrivere il fascino di ritrovarsi senza nessuna presenza umana attorno, a pedalare immersi in un bosco da fiaba e con il solo accompagnamento sonoro del canto degli uccelli e del proprio fiatone.
Insomma: questo giro a pedali in Cechia si sta rivelando davvero una grande scoperta.
Con tutto l’interesse aggiuntivo di tipo storico- sociale, derivante dal fatto che questa Ciclovia della cortina di ferro (parte dell’itinerario Eurovelo 13) attraversa territori dalla storia complessa e tormentata. Solo per fare qualche esempio, un lungo tratto della ciclovia è tuttora costeggiato da cartelli che mettono in guardia sulla presenza di esplosivi sul terreno invitando implicitamente a non lasciare i percorsi principali (in altri termini, andare a funghi da queste parti non è una buona idea).
Ma altrettanto impressionanti sono una serie di segnalazioni, cui francamente non avrei prestato molta attenzione se il buon Vìtek non me le avesse fatte notare spiegandone il significato (le scritte, in questo caso, sono sia in ceco che in tedesco, ma tanto non capisco niente di entrambe). Lungo il percorso, si trovano infatti ogni tanto dei piccoli monumenti con una scultura in forma di libro aperto e alcune foto in bianco e nero: sono vere e proprie stele funebri per paesi che oggi non esistono più, e di cui non resta la minima traccia se non qualche albero dall’aspetto “cittadino”, fuori contesto nel resto dello scenario, come i tigli che un tempo ombreggiavano le case. Erano paesi spesso con origini antiche, a volte risalenti al 1700, con una consistente popolazione (varie centinaia di persone) e una florida economia, il più delle volte basata sulla produzione di vetri (siamo in Boemia, la terra dei cristalli). Quello che raccontano le foto dei vari monumenti, strategicamente piazzati nei punti in cui sorgevano i vari villaggi, è la storia del prima, del durante (l’inizio della seconda guerra mondiale) e del dopo, in cui le rovine in questa terra di nessuno sono rimaste totalmente abbandonate, tanto che la natura ha ripreso completamente il possesso dei luoghi. Un esercizio di memoria che fa pensare, e che permette di immaginare questi posti, oggi selvaggi e remoti, molto diversi rispetto solo a una manciata di decenni fa.
Questa sera dormiamo a Modrava, un grazioso paese di montagna a 1000 metri di quota: qui il turismo si fa un po’ più sentire, nel senso che questo luogo è evidentemente un punto di riferimento per camminatori e pedalatori, oltre che d’inverno per gli appassionati di escursioni con gli sci. Ma è comunque una piccola località dal fascino un po’ rustico e dall’atmosfera tranquilla e rilassata, non certo un posto dove incontrare folle di gitanti. Esattamente quello che mi ci vuole per recuperare le energie dopo questi primi tre giorni di viaggio. Che per la quantità di cose viste, di storie sentite, di ciclovie pedalate, mi sembrano almeno il triplo.
