Altra partenza in salita, per il mio quarto giorno di pedalata in Cechia. Siamo sempre all’interno del parco nazionale della Selva Boema, in una zona di montagna. Termine, questo, che va preso con una certa elasticità: qui le montagne sono decisamente basse e morbide (più che altro dei collinoni), e gli impianti di risalita che si vedono nei vari “ski resort” sono praticamente una manciata di piste baby sparpagliate qua e là per i prati. Anche il paese “più alto di Cechia” – che abbiamo attraversato dopo la nostra partenza da Modrava e dopo aver incrociato le sorgenti della Moldava (principale fiume della Paese, quello che passa sotto il Ponte Carlo a Praga, per intenderci – anche questo paesino, dicevo, arriva a stento a 1000 metri di quota.
Nonostante questo, le salite ci sono, eccome; come pure c’è la sensazione di trovarsi a quote ben maggiori, una volta che ci si ritrova immersi in queste maestose foreste che sembrano non finire mai.
Anche se lo scenario, in questa lunghissima tappa (102 km per 880 metri di dislivello), sta iniziando in parte a cambiare. Va detto che quello che seguiamo è solo parzialmente li percorso dell’Eurovelo 13, il cui tracciato prosegue zigzagando da una parte all’altra della frontiera; noi, in questo caso, stiamo percorrendo una traccia interamente in territorio ceco, utilizzando la fitta rete di ciclabili locali e anche, per certi tratti, strade carrozzabili in cui il traffico è comunque minimo. Così, il nostro percorso si è svolto sostanzialmente a bordo acqua, seguendo la Moldava (finalmente in discesa!) fino ad arrivare al lago di Lipno: un grande bacino artificiale le cui coste sono però punteggiate da spiagge e calette, in un’atmosfera quasi mediterranea (perlomeno oggi, che c’era il sole: in altre stagioni non ci giurerei).

Anche in questa tappa sono stati frequenti gli incontri con i “villaggi scomparsi”, una storia incredibile che raccontavo nel post precedente e che ha a che fare con la cacciata dei Sudeti dopo la seconda guerra mondiale. In un caso si incontra addirittura, nel bel mezzo di una foresta selvaggia, una grande chiesa con annesso cimiterino: unico reperto di una florida cittadina con negozi, scuole e fabbriche dove si producevano i famosi vetri e cristalli.
Ma a cambiare l’atmosfera è il fatto che questa zona è decisamente più turistica di quelle attraversate nei giorni precedenti: niente folle oceaniche, beninteso. Ma dalla solitudine assoluta siamo passati a incrociare un bel numero di cicloturisti, solitari o in gruppi, e a veder crescere intorno a noi il numero di locali, bar, ristoranti dall’aria recente e orientata ai visitatori di passaggio.
Il punto tappa per la notte è il paese di Vyšší Brod, che deve la sua notorietà a due cose: una è l’immensa abbazia cistercense del XIII secolo, il cui monastero è tuttora abitato da una comunità di monaci.
L’altra, assai più mondana, è il fatto di essere diventata punto di riferimento per passeggiate in gommone lungo il fiume; dovrei forse chiamarlo rafting, ma la placidità di queste acque fa somigliare il tutto, più che altro, a una gita in pedalò. Fatto sta che la cosa richiama gruppi di giovani, provenienti sia dalla nazione sia dalla vicinissima Austria (ah, sì, a proposito: abbiamo cambiato confine, ora di là dalla ex cortina di trova l’Austria e non più la Germania). Tutti curiosamente accomunati dalla passione per il pop balcanico sparato a tutto volume; passione assecondata dai ristoratori locali, con il risultato che ci si ritrova anche a fare colazione, con la pressione bassa e l’occhio cisposo, accompagnati da frenetici “unz-unz-unz” da discoteca.
Anche per oggi è ora di andare, perché il viaggio chiama: resta, ancora una volta, la soddisfazione per la scoperta di questa destinazione. Che offre in generale molto più di quanto immaginassi, che si sta strutturando molto bene in particolare per il cicloturismo e che merita di essere vista al più presto.
