Se volete leggere questo post provando “con tutti i sensi” la sensazione di essere qui con noi, vi consiglio di iniziare con il fare una bella ora abbondante di sollevamento di pesi da 3/4 kg, poi di cospargere il pavimento di fagioli secchi (ma anche i mattoncini del lego possono andare bene) e sedervici sopra. È una ragionevole imitazione di come si sentono le nostre braccia e il nostro deretano dopo i 53 km della tappa di oggi, da Carcassonne a Castelnaudary. Che poi, in realtà, eravamo arrivati con le nostre Brompton una ventina di km dopo quest’ultima cittadina; ma abbiamo dovuto arrenderci al fatto che gli hotel delle località a cui eravamo diretti erano tutti al completo (non è chiaro di chi, visto che durante il giorno non si vede quasi anima viva) e così abbiamo dovuto utilizzare la Corazzata Potiomkin (il furgone che ha portato fino in Francia i miei amici e che ci segue, guidato a turno da uno di loro) per tornare indietro fino a un paese che ci garantisse un tetto sopra la testa.
Ma torniamo alla simulazione casalinga delle nostre sensazioni. Il percorso di oggi non era particolarmente lungo e sicuramente scenografico, quasi sempre a bordo acqua lungo il grande Canal du Midi, tra alberi immensi e una campagna verdissima. Ma era anche – così come ieri – quasi sempre su un fondo tormentatissimo: sterrato, ghiaioso, pieno di buche e radici, a volte tanto stretto da lasciare giusto il passaggio a una sola bicicletta. Le nostre Brompton si sono comportate benissimo, anche se i salti e le vibrazioni mi hanno fatto temere più volte che si staccasse qualche pezzo. Ma vi assicuro che un percorso di questo tipo è molto ma molto faticoso(soprattutto se aggiungete un caldo formidabile), e lo sarebbe anche con una normale bici da turismo; se pensate di venire da queste parti, vi consiglio caldamente una mtb ben ammortizzata.
Quanto al resto, il percorso si inoltra nella splendida campagna del sud della Francia (ah, le segnalazioni sul percorso sono pari a zero: è vero che il Canale stesso è un buon riferimento, ma vi raccomando anche di scaricare le tracce sul telefonino) lungo il corso d’acqua, ampio e tranquillo, popolato da imbarcazioni turistiche popolate da gruppetti di amici che si godono il dolce far niente: loro guardano noi che pedaliamo, noi guardiamo loro che ci sfilano davanti, ci scambiamo un saluto e via. Anche perché noi, incredibilmente, siamo molto più veloci di loro: sia proprio per la velocità di crociera (credo che queste barche non superino gli 8/10 km/h), sia perché ogni manciata di km il corso d’acqua è scandito da chiuse che permettono di superare i dislivelli. Luoghi tutti uguali e tutti ugualmente deliziosi, con queste grandi saracinesche sull’acqua sopra le quali veglia una casetta del custode con le persiane colorate, la scritta in caratteri rètro che riporta le caratteristiche della chiusa e spesso una piccola bancarella che vende marmellate e paté fatti in casa. Qui le barche si fermano, aspettano il loro turno, attraccano sommariamente aspettando che la vasca si riempia o si svuoti riportandoli a livello e finalmente ripartono. La costante discussione, tra noi in bici, è se una vacanza del genere sia meravigliosamente rilassante e zen, o se sia invece una delle esperienze più noiose che si possano sperimentare: personalmente propendo per la seconda, ma in questi casi mi rendo conto che emerge la milanese nevrotica che è in me.
Vabbè, è ora di chiudere e di rimettersi in marcia. Prossima tappa, Toulouse!!