“Hilly”: un percorso collinare, così mi era stata presentata la mia seconda tappa lungo il tratto ceco della Ciclovia della cortina di ferro. Ma c’è collina e collina: alla fine, il conto è risultato di 65 km per 1000 metri di dislivello, in buona parte su sterrato.
Non posso dire quindi di essere fresca come una rosa, e il mio consiglio è questo: se venite da queste parti prendetevela con calma e non sottovalutate l’impegno nè i tempi, soprattutto nelle parti che attraversano le regioni di Karlovy Vary (Karlovarský kraj) e di Pilsen (Plzeňský kraj).
Anche perché, di motivi per fermarsi lungo questo tratto – a parte la mancanza di fiato e il mal di tutto – ce ne sono in abbondanza. Non solo per ammirare le grandi, ondulate distese di campi di grano sotto cieli altissimi, o per immergersi in fitti boschi (che ho poi scoperto essere di abeti rossi, contrariamente a quanto detto ieri), ma anche per il grande numero di luoghi interessanti che si trovano lungo la strada o che si possono raggiungere con brevi deviazioni.
A partire da Cheb, la città dove ho dormito e di cui ieri non ho avuto la forza di scrivere nulla: accogliente, curatissima, con la sua grande piazza su cui si affacciano palazzi d’epoca multicolori. In una delle estremità del grande slargo c’è poi uno dei vanti cittadini: Špalìček, un agglomerato di 11 antichissime case dalla tipica architettura, che ora ospitano bar e ristoranti.
Anche se a me, quello che ha entusiasmato, è anche un “box-parcheggio” per bici, piazzato proprio sulla strada principale: un sistema di contenitori chiusi e sicuri dove riparare la propria bici, pagando a tempo. Anche in questo caso, non certo un’infrastruttura titanica, ma una comodità in più per chi gira in bici, per turismo o nei suoi spostamenti quotidiani; ma figuriamoci se da noi una cosa del genere la si capisce.
E poi, proseguendo, altri castelli, monasteri, chiese e soprattutto storie di frontiera: la Ciclovia, qui, corre a una manciata di metri dal confine con la Baviera, ed è costellata di cartelli che raccontano le tormentate vicende di questi posti. Peccato che siano solo in ceco, lingua di cui non si capisce assolutamente nulla: io per fortuna ho l’aiuto della mia guida, a cui sono stata affidata dall’Ufficio del Turismo Ceco a cui devo questo viaggio; e il buon Vìtek si occupa non solo di tradurmi i cartelli, ma anche di spiegarmi una serie di cose utili e interessanti per noi pedalatori.
Per esempio, che se si vuole fare il giro che sto facendo io, partendo dall’inizio esatto della Ciclovia in terra ceca (un luogo chiamato Trojmezí, che credo significhi “tre confini”, dove un tempo si trovava la frontiera tra Cecoslovacchia, Germania Est e Germania Ovest) si può anche evitare di prendere l’aereo fino a Praga e trovare poi un transfer di varie ore attraverso il Paese, ma si può invece arrivare in treno dalla Germania, ben collegata con queste zone.
Altra cosa curiosa è interessante che mi è stata spiegata è una norma non scritta (o forse sì? Chissà) che risale a Maria Teresa, grazie alla quale i passanti possono liberamente rifornirsi dagli alberi da frutto – e ce ne sono parecchi: meli, peri, ciliegi…) che crescono sui bordi della strada. L’idea originaria, in realtà, era soprattutto per soddisfare le milizie che transitavano lungo le strade, evitando così incursioni e razzie all’interno dei paesi; nonostante queste radici bellicose, il risultato è quello di una bella e accogliente tradizione, che ti fa sentire un po’ a casa.
Ma di usanze antiche e strane, che ti fanno pensare di essere un po’ in un paese da fiaba, ce ne sono anche altre: basti dire che nel paese dove dormiamo questa notte, Domažlice (con un altro bellissimo centro storico circondato da case rinascimentali), non c’è una campana che batte le ore, ma la voce di una “guardia” che intona una breve nenia: praticamente un “è mezzanotte e tutto va bene” sopravvissuto al passare dei secoli.
Anche per oggi, è tutto. Cioè, non è vero: quello che vi ho raccontato è solo un brandello delle cose interessanti, divertenti e affascinanti che sto vivendo. Ma sono pure molto stanca (e confesso pure che sull’ultima salita non mi divertivo affatto: probabilmente le mie imprecazioni ancora echeggiano nella fitta foresta), e questo post non può durare all’infinito.
Ci ritroviamo domani: mi aspetta un’altra tappa “hilly”, quindi sarà meglio che conservi tutte le energie possibili.
