Arrivo con un po’ di ritardo, ma arrivo: eccomi a raccontare la mia esperienza dello scorso weekend, in bici lungo la ciclovia AIDA in occasione della prima edizione della MIA Women Ride. Chi ha seguito un po’ i social sa già che sono stati tre giorni davvero speciali, e non poteva essere diversamente.
Questa manifestazione, infatti, è stata la prima iniziativa di cicloturismo riservata esclusivamente alle donne, lungo i 200 km che separano Milano da Verona, ideata dalle vulcaniche e simpaticissime Cicliste per Caso e organizzata da Witoor: cento donne e un neonato, il mitico Enea, trainato in un carrellino dall’ancor più mitica mamma Federica che pedalava sorridente ed energica, fermandosi giusto per allattare quando il passeggero si faceva sentire per richiedere una “pausa ristoro”.
Impossibile sintetizzare tre giorni di viaggio, di scoperte, di fatiche (perché non è mica vero che nella pianura padana sia tutto così piatto…) e di allegria. Posso solo dire che, contrariamente al mio solito, ero partita assai poco convinta e parecchio diffidente: perché di natura sono un po’ orsa, le cose “di gruppo” non mi piacciono particolarmente e preferisco spostarmi con poche, selezionatissime persone (o tutt’al più da sola); perché l’itinerario non mi sembrava molto affascinante; perché ho sempre molta diffidenza per le iniziative “tutte al femminile” che mi fanno temere una sorta di auto-ghettizzazione e un’atmosfera un po’ incazzosa, rivendicativa e venata di polemica.
Per fortuna mi sono lasciata convincere, perché mi sbagliavo di grosso. Quello che ho visto e conosciuto è stato un campionario di donne straordinarie, di tutte le età (confesso che mi sono pure commossa all’abbraccio finale tra la più giovane e la più grande delle partecipanti, divise da parecchie generazioni), di tutte (beh, quasi) le regioni d’Italia, di tutti i livelli di esperienza e preparazione fisica. Ho visto bici gravel con spettacolari setup bikepacking accanto a ebike da città e a Brompton pieghevoli; ho conosciuto viaggiatrici inarrestabili (tanto per fare qualche nome, oltre alle già citate cicliste per caso Silvia e Linda, la grandiosa Veronica di Life in Travel e l’altra Veronica, quella tostissima e sorridente di Cara Biga); ho incontrato donne coraggiose che si sono lanciate nella loro primissima esperienza di viaggio in bici senza conoscere nessun altra e senza avere bene idea di che cosa le aspettasse; ho ammirato meccaniche di prim’ordine (come Marisa che, come cantava il buon Lucio Battisti, “con un cacciavite in mano fa miracoli”); ho scoperto l’esistenza di gruppi intelligenti e attivi per lo sviluppo del ciclismo al femminile (come le atletiche toscane di Bike Boobs e le agguerrite romane di Femministe col Ciclo).
Senza contare i paesi attraversati, molti dei quali ci hanno riservato un’accoglienza calorosissima e che, anche da un punto di vista turistico, si sono rivelati delle bellissime scoperte: come Romano di Lombardia, dove abbiamo fatto tappa la prima notte, o come (premio assoluto per il calore dimostrato!!) il graziosissimo paese di Pontoglio, che ci ha fatto trovare striscioni di benvenuto, una selva di fiocchi e palloncini rosa per festeggiarci e una piccola e gentilissima truppa di volontari a gestire il traffico e indicarci la strada.
Ma, soprattutto, ho vissuto un’esperienza gioiosa, totalmente priva di competitività, in cui quella che si respirava era un’atmosfera di libertà, di freschezza, di attenzione reciproca e di solidarietà; abbiamo pedalato per tre giorni senza mai smettere di chiacchierare, alternando confidenze e risate, confessioni e sfottò, consigli e canzoni. Insomma, abbiamo – tutte insieme – riscoperto il piacere di stare tra donne e abbiamo toccato con mano la nostra forza, la nostra capacità di adattamento, la nostra intelligenza, la nostra indipendenza e la nostra capacità di poter fare tutto, magari anche con un pizzico di leggerezza in più.
Intendiamoci bene: questo non è un inno allo “stare SOLO tra donne”. Non ho assolutamente nulla contro l’universo maschile e mi piace condividere vari aspetti della mia vita… boh, stavo scrivendo “con uomini”, ma in realtà sarebbe più esatto dire che quello che mi piace è avere intorno persone intelligenti e stimolanti, a prescindere da sesso, orientamento e sfumature varie. Ma un’esperienza “per sole donne” serve, eccome: perché – inutile negarlo – una mentalità ancora tristemente diffusa si basa sul “le donne non sono in grado di …(aggiungere un verbo a piacere)”. In modo più o meno strisciante, c’è ancora una parte dell’universo maschile (non tutti, eh!!) intimamente e fermamente convinta che una donna non è una persona completa e compiuta in sé, ma ha bisogno di un maschio che se ne prenda cura. Forse per un arcaico e un po’ ingenuo complesso di superiorità, forse per un più o meno celato timore di vedersi togliere potere e autorità, sta di fatto che anche oggi, anche in Italia, molti uomini (di norma quelli che meno ne avrebbero motivo) si sentono in dovere di salire in cattedra “aiutando” le donne a fare quello che in realtà sanno già fare benissimo da sole. E quello che è più triste è che, subdolamente, questo approccio si sedimenta anche nella testa di molte donne, che alla fine si convincono di essere incomplete e “insufficienti” se non c’è un uomo al loro fianco.
La dimostrazione l’abbiamo avuta anche in questi giorni, in concreto: un unico uomo che ha pensato bene di imbucarsi – solo maschio tra cento donne – accompagnando la propria compagna, tentando a più riprese di capitanare il “gruppo di femmine” fornendo direttive e indicazioni non richieste, con l’esuberante e un po’ ottuso entusiasmo di un cane da pastore, incurante del suo essere totalmente “fuori posto”. Inutile dire che se voleva fare un viaggio in bici insieme alla propria moglie c’erano milioni di altre occasioni; inutile far presente che il significato di questa specifica iniziativa era proprio quello di essere solo donne, e non c’era motivo per cui lui dovesse rappresentare un’eccezione; inutile segnalare che, per quanto ignorato quanto più possibile dal resto delle partecipanti, il “maschio” presente era comunque un fattore di disturbo, una fonte di incoerenza. Niente, evidentemente era più forte di lui: ai suoi occhi non era concepibile (e certo non era opportuno) che la sua consorte potesse cavarsela da sola; e per converso, evidentemente, per la sua compagna non era concepibile prendersi tre giorni per fare una qualunque cosa in totale autonomia.
Non so se riesco a spiegarmi bene, ma a me questa cosa, più ancora che indispettirmi, mi ha rattristato. Perché mi ha messo davanti agli occhi quanto ancora è lontano il raggiungimento di un ruolo femminile autenticamente paritario, e quanto in questa diffusa, strisciante e un po’ subdola riaffermazione della leadership maschile, ci sia una non trascurabile componente di connivenza da parte di noi donne.
Insomma, è evidente che per conquistarci la stessa libertà e la stessa autonomia dei maschi, noi donne abbiamo ancora molta strada da fare; e si può iniziare a percorrerla proprio su due ruote, pedalando senza vincoli e senza pensieri insieme a vecchie e nuove amiche. Quindi (se siete donne) segnatevi più o meno queste date per il 2022: non ci sono ancora dettagli, ma alla prossima edizione della MIA vi conviene esserci! 🙂
