Evidentemente qualcosa in me desidera il freddo, nonostante mettere fuori un piede dalle coperte la mattina sia in questi giorni uno sforzo estremo.
Non mi è bastato provare a partecipare alla Fjallraven Polar, la “passeggiata” di 300 km nell’artico su slitte con cani: fallita la mia candidatura, eccomi con un’altra idea di viaggio in cui, temo, il freddo avrà un aspetto meno eroico ma altrettanto rilevante.
Prima di raccontarvela, però, resto ancora un momento in tema “gita nell’artico” e approfitto per un ringraziamento davvero di cuore. Ho partecipato alla selezione di Fjallraven inserendo la mia facciotta tra migliaia di candidature di gente tosta, brillante, adattabile, decisamente sopra la media da molti punti di vista, e anche parecchio più giovane di me. E l’ho fatto, ammetto, per gioco, poco o nulla convinta del fatto che mi avrebbero scelta (come infatti è successo): quella sera mi era girata così, un po’ come quando alla cassa prendi un “gratta e vinci” al posto del resto. Ma è successa una cosa bellissima: un sacco di persone non solo mi ha votato, ma ha sinceramente creduto (e in alcuni casi, temuto) che ce la potessi fare; gente che mi conosce poco, magari solo per quello che scrivo su questo blog, oppure gente (e questo è l’aspetto più sorprendente) che invece mi conosce molto più da vicino e ha sotto gli occhi tutte le mie debolezze, le mie incostanze, le mie paturnie. E nonostante questo in tanti hanno davvero creduto che ce la potessi fare, che avessi qualcosa da offrire di meglio rispetto a tanti altri candidati, che meritassi di essere selezionata per qualcosa dalle caratteristiche decisamente “estreme”: in breve, HANNO CREDUTO IN ME.
E questo, vi assicuro, per una persona come me sempre alle prese con un sabotatore interno che le bisbiglia all’orecchio “ma ‘ndo cazzo voi annà?” (non so perché, ma il mio sabotatore personale parla in romanesco) è stato meglio di qualunque vittoria: un iniezione di fiducia e una testimonianza di affetto evidentemente sincera e per questo ancora più preziosa. Quindi grazie a tutti, di cuore: non avete idea di quanto questa cosa mi abbia fatto piacere.
E adesso, passiamo al prossimo futuro. Non ne avevo ancora parlato più che altro per scaramanzia, proprio per evitare “sovrapposizioni” con la faccenda dell’artico, ma mi sono fatta un regalo di compleanno: il prossimo 17 gennaio prendo un aereo per Porto (in Portogallo), poi un bus per Valença do Minho, al confine con la Spagna, e da lì, gambe in spalla, conto di farmi in cinque giorni i 120 km del Cammino Portoghese fino a Santiago de Compostela.
A piedi, con poco o zero allenamento? Sì
D’inverno, con freddo e giornate corte? Sì.
Da sola? Sì (e chi altri sarebbe così scemo/a da venire con me?)
Ma non mi è venuto il dubbio che se in questa stagione e su questo percorso non c’è praticamente nessuno, nonostante la quantità di gente che va fare il Cammino di Santiago, un motivo ci sarà? Sì, ma a farlo in primavera sono capaci tutti; e poi più avanti non avrò tempo, perché sarò in giro in bicicletta; e poi ai miei occhi il bello sta proprio nel fatto che non ci sia gente in giro…
Vabbè, alla fine vedo che anche questa volta ho divagato e sono andata per le lunghe con il post. Quindi ulteriori dettagli e considerazioni ve li racconto la prossima volta. Intanto, se vedete un’idiota che sembra ignorare il freddo e la nebbia e cammina per Milano tra le luci del Natale con un paio di scarponcini ai piedi, uno zainetto sulle spalle e il passo sostenuto, è molto probabile che sia io che sto cercando di mettere insieme un minimo di allenamento…