Per stasera invidiatemi pure, perché un po’ me lo merito. Non solo per il viaggio fantastico che stiamo facendo (“Il Giro Largo”, per chi ha perso i dettagli c’è tutto nei post precedenti), ma anche perché stasera ci siamo trattate davvero benissimo e dormiamo in un posto da favola.
Perché, parliamoci chiaro: personalmente non ho mai pensato che il viaggio in bicicletta debba essere sinonimo di sforzo, fatica e sofferenza. Al contrario, per quanto mi riguarda è soprattutto un modo perfetto per godersi le cose piacevoli della vita: tra cui rientrano, a pieno titolo, i begli alberghi. Quello dove ci troviamo stasera, il Seehof Nature Retreat di Naz-Sciaves non è solo bello, è anche speciale: adagiato sulle alture che sovrastano Bressanone, affacciato su un laghetto naturale circondato dal verde, con una spa e una piscina riscaldata a cielo aperto che ti fanno venire voglia di non muoverti più di lì. Certo, non è il tipico albergo da cicloturista strapelato. Però una cosa è certa: se ogni tanto hai la possibilità di regalarti un posto-tappa di questo tipo, te lo godi davvero alla grande.
Ma facciamo un passo indietro per una breve sintesi del nostro terzo giorno di viaggio: da Egna a Naz-Sciaves, per un totale di poco meno di 80 km. Neanche tantissimi, ma decisamente faticosi: negli ultimi 5 km, già abbastanza provate per la giornata, mi è venuto in mente di disegnare una “scorciatoia” per raggiungere l’hotel. I km erano effettivamente meno, peccato che le pendenze per arrivarci fossero dell’ordine del 17%. Non ho imprecato solo perché mi mancava il fiato pure per quello, ma vi assicuro che ho visualizzato l’intero elenco dei tutti i santi del calendario liturgico, più alcuni soggetti in corso di canonizzazione.

Comunque, anche nella prima parte della giornata abbiamo avuto le nostre difficoltà: partite di buon’ora da Egna, con un clima dicembrino, abbiamo affrontato la ciclabile che sale verso il Brennero piene di entusiasmo. Anche perché dopo Bolzano lo scenario cambia radicalmente: la valle si restringe, i paesi mutano fisionomia e, pur rimanendo a fondovalle, lo scenario di fa decisamente più “montanaro”.
Una cosa che ho imparato oggi, tra le altre, è che non bisogna sottovalutare quella che i ciclisti veri chiamano “la cotta”: cioè la crisi di fame che, improvvisamente, ti toglie ogni energia e ti fa sentire come se si fosse spenta la luce. Io credevo che la cosa riguardasse solo prestazioni estreme, e pensavo che le raccomandazioni di fare una prima colazione abbondante prima di iniziare a pedalare fossero soprattutto una buona giustificazione per scofanarsi l’inverosimile.
Invece, mannaggia, la cotta esiste davvero. Noi l’abbiamo provata dopo Bolzano, dove la ciclabile inizia un lungo falsopiano in salita: quasi impercettibile, ma sufficiente per far sentire di più la salita e drenare tutte le energie disponibili. Risultato: verso mezzogiorno ci trascinavamo come due zombie e io iniziavo a pensare che non sarei stata in grado di avanzare di un solo metro.
Meno male che, in nostra salvezza, è arrivato il paesino di Colma, e in particolare la sua Bierstube che vi invito a segnarvi: un posto estremamente rustico e autentico, in cui a servirvi è un ragazzone tatuato che indossa un paio di vecchissimi lederhosen (i tipici pantaloni corti in pelle da tirolesi) e il menù è scritto a mano su una lavagnona portata in giro di tavolo in tavolo. Beh, non ci crederete, ma complice il rinomatissimo macellaio del paese ho mangiato forse il più buon hamburger della mia vita; anche se chiamarlo hamburger non rende l’idea dato che la carne, tenera e saporitissima, non era stata tritata ma tagliata al coltello (propenderei anzi per essere stata fatta a brandelli con una mannaia, dato l’insieme). Insomma, se passate da queste parti ricordatevi il mio consiglio: sembra un ristorante/snack bar assolutamente qualsiasi, ai piedi di un castellozzo curiosamente decorato a scacchi bianchi e rossi, ma vale decisamente una fermata.
E infatti, ristorate e rinfrancate, abbiamo ripreso la strada con nuovo vigore. La ciclabile continua ad essere perfetta (piacevole, sicura, ben segnalata), i paesaggi lungo la strada continuano ad essere uno spettacolo, i paesi che si attraversano sono spesso delle gran belle sorprese (in nome per tutti: Chiusa, fino ad ora per me solo una tortuosa uscita autostradale, che è invece una fantastica cittadina del 1300 nominata tra i “borghi più belli d’Italia”).
Per stasera è tutto, anche perché la giornata è stata davvero lunga e io sono un po’ a pezzi. Per fortuna domani ci aspetta un percorso più leggero (almeno spero): una sessantina di km che ci porteranno fino a Dobbiaco. Ci sentiamo per raccontarvi come è andata!!