Un po’ me lo aspettavo, che la tappa di oggi sarebbe stata uno spettacolo: ma non me la immaginavo così bella. I 60 km che separano Dobbiaco da Pieve di Cadore, dove dormiamo stasera, sono davvero un’esperienza che ogni cicloturista dovrebbe fare almeno una volta nella vita.
Certo, la mattina faceva un bel freddino (i ponticelli in legno erano coperti da un velo di brina); certo, ho pure forato nella salita verso il passo Cimabanche (riparazione a tempo di record grazie all’aiuto di Santa Bomboletta).
Ma la giornata era limpida, il sole spettacolare, gli scenari da sogno e gli oltre 40 km di discesa uno spasso assoluto. E non solo fino alla arci-nota Cortina: il tratto successivo, attraverso il Cadore, è forse ancora più emozionante, tra prati verdissimi e grandi cime rocciose dai colori irripetibili.
Non sto a raccontarvi altro del percorso, perché le descrizioni entusiastiche dopo un po’ diventano noiose: vi metto qualche foto, così potete farvene un’idea da soli.

Vorrei quindi approfittare per un breve excursus / avvertimento per tutti gli amici ciclisti, e in particolare per quelli che, giustamente, hanno a cuore la sicurezza e la propria visibilità: molte persone, a questo fine, scelgono di tenere sempre accesa una lucetta rossa lampeggiante.
Ecco, io (dopo vari avvistamenti e alcuni confronti con Annita, che condivide il mio punto di vista) vorrei mettere in guardia dall’acquisto di uno specifico modello di faretto. Non so quale sia la marca, ma l’oggetto in questione è di forma rotonda, illuminato a raggiera e con un punto centrale più scuro; e soprattutto, l’improbabile aggeggino luminoso si applica direttamente sotto la sella, praticamente nel punto dove ci si appoggia. L’inquietante risultato è che chi segue ha la netta impressione che a lampeggiare non sia una parte della bici, quanto invece una parte – non particolarmente nobile – del ciclista stesso. Ci è già capitato di incontrare parecchi ciclisti con questo tipo di illuminazione – è proprio il caso di dirlo – posteriore. E l’effetto è talmente inequivocabile che mi domando come sia possibile che nessun amico, parente o compagno di pedalate li abbia mai avvertiti della cosa. Io, invece, vi ho messi in guardia; ora sapete a cosa dovete fare caso quando mettete i faretti sulla bici.

Un’ultima nota, prima di cadere addormentata, riguarda il posto dove dormiamo stanotte, un paio di km prima di Pieve di Cadore: cittadina che abbiamo poi visitato a piedi e che ho scoperto essere il paese natale di Tiziano (il pittore, intendo). A Tai di Cadore, proprio lungo la ciclabile – che per chi non lo sapesse, è ricavata dalla vecchia linea ferroviaria dismessa nel 1964 – la ex stazioncina è stata recentissimamente rilevata da una coppia giovane ed entusiasta che l’ha ristrutturata rendendola un vero gioiello: “Alla Stazion – Locanda nelle Dolomiti” ha delle bellissime camere il legno naturale (nella nostra c’è addirittura l’hammam privato!), un eccellente ristorante e un’accoglienza davvero calorosa. Anche questo è un posto che vi voglio segnalare, perché merita davvero (lo abbiamo trovato per caso, e devo dire che in questo viaggio abbiamo avuto dei gran colpi di fortuna!).
Per stasera direi che è tutto. Domani, dopo aver consultato per l’ennesima volta il meteo, abbiamo deciso una variazione del percorso… ma ve la racconto nel prossimo post.
Buona notte!