Ho perso il conto del numero di volte che oggi Annita e io ci siamo dette “proviamo qui, semmai torniamo indietro”: credo circa diecimila.
Questo perché il tratto di “ciclovia” – le virgolette sono necessarie – tra Civitanova Marche e il confine con l’Abruzzo è tutt’altro che semplice da percorrere.
Intendiamoci: di tratti ciclabili ce ne sono, e pure parecchi. Peccato che non siano minimamente segnalati, non siano raccordati tra loro e nella maggior parte dei casi finiscano bruscamente nel nulla, affacciati su un fossato o su una scogliera. Anche chiedere ai locali serve a poco, perché quasi nessuno sa nulla e l’unica indicazione che ricevi – anche quando poi scopri che la ciclabile effettivamente esiste – è quella di andare sulla Statale Adriatica, dal traffico terrificante. Il tutto è complicato dal fatto che, a ridosso del mare, corre anche il tracciato ferroviario, e per qualche motivo finisci con il trovarti sempre dalla parte sbagliata e a non trovare un varco per attraversare i binari.
Dopo una serie di giri a vuoto e conseguenti maledizioni, iniziati già all’uscita da Civitanova per imbroccare senza rischiare la morte il ponte sul Chienti, la nostra strategia è stata quella di ignorare le tracce gpx (disegnate dal solito pazzo che a un certo punto si deve essere stufato e ha deciso di indicare i binari del treno come ciclabile) e di girare a sinistra, cioè verso il mare, ogni volta che era possibile, costeggiandolo poi appena scorgevamo un fondo stradale minimamente praticabile. In un caso ci siamo addirittura intrufolate in un villaggio turistico a bordo mare, chiuso per manutenzione, attraversandolo da parte a parte.
In molti casi questo sistema empirico ha funzionato, e alla fine siamo riuscite a ridurre al minimo i chilometri lungo la pericolosa Adriatica. Ci sono stati però anche casi in cui, dopo alcuni km, ci siamo trovate in un vicolo cieco e abbiamo dovuto fare dietro front per cercare itinerari alternativi; poco prima di Pedaso la ciclabile era addirittura sbarrata (ma senza alcuna segnalazione precedente) perché il mare se la era letteralmente mangiata.
Il risultato è che il conteggio dei km di oggi è a quota 85, in parte spingendo le bici su ghiaioni, terrapieni, terreni fangosi e sterpaglie: una bella faticaccia, vi assicuro. Per fortuna che, dopo l’ultimo brivido delle rampe di accesso al ponte sul Tronto, si entra in Abruzzo e si imbocca la “Abruzzo bike to coast”, cioè la nuova ciclovia appena terminata (o quasi? Ve lo saprò dire nei prossimi giorni) che, almeno per quanto ho potuto vedere nel tratto da Martinsicuro a Giulianova, è un vero spettacolo: ampia, comoda, sicura e ben tenuta, tutta a bordo mare, una vera “autostrada per bici”. Il che, comunque, non ci ha impedito di arrivare a Giulianova stanche morte.
C’è da dire, a onor del vero, che anche la parte precedente, quella marchigiana, sarebbe uno spettacolo: se/quando riesci a imbroccare i tratti lungo costa – che molte volte si snodano direttamente al limite della spiaggia, dandoti l’idea di pedalare quasi sull’acqua – è una vera goduria. Tanto più oggi, con un sole limpido e degli straordinari colori autunnali. Però, ecco, se il tutto non diventasse una specie di caccia al tesoro sarebbe decisamente molto meglio.
Pedalare con il mare accanto, ad ogni modo, è una sensazione meravigliosa, un gusto di libertà e di vacanza che ti entra sotto pelle; soprattutto in questi giorni, in cui non c’è praticamente nessuno e le spiagge ritornano deserte e con un sapore selvaggio che nessuno sospetterebbe mai durante l’estate.
Un’ultima nota, prima di crollare dalla stanchezza, sulla cittadina dove dormiamo stasera, Giulianova. Che è, a livello del mare, una località balneare come tante altre toccate dalla Abruzzo bike to coast. Ma che è sovrastata da un centro storico – quello appunto di Giulianova Alta – che è un gioiello straordinario. Non solo per la vista panoramica sulla mare sottostante, ma soprattutto per il fascino delle viuzze antiche del borgo, che rappresenta uno dei primi esperimenti di “città ideale del Rinascimento”. Arrampicarsi fin quassù a fine giornata è stata una specie di colpo di grazia, ma ne è valsa assolutamente la pena. (Per chi non se ne fosse ancora accorto, la bicicletta è – anche – una straordinaria macchina per produrre metafore sulla vita…).
