È un dato di fatto: i friulani sono gente speciale. E io, che fino ad ora conoscevo ben poco della regione nel suo insieme, mi sto innamorando di questa terra che giorno dopo giorno ci offre esperienze magiche.
A partire dal trasferimento di questa mattina: una sessantina di km da Tarvisio a Venzone, quasi tutti in falsopiano in discesa (nota tecnica per chi avesse intenzione di percorrere la ciclovia dell’Alpe Adria: all’altezza di Moggio Udinese la ciclabile si interrompe e bisogna percorrere una decina di km sulla statale. C’è anche una variante che prevede alcune salite, tra cui una, breve ma micidiale, con una pendenza del 25%, ma è molto panoramica e divertente. Chessaramai spingere la bici per qualche centinaio di metri di salita…).
La ciclabile, dicevo, in questo tratto è bella, panoramica e divertente, e sostanzialmente in discesa; anche un po’ emozionante, quando ci si infila nei vecchi tunnel ferroviari che sono molto bui e molto ma molto freddi: un’esperienza che ti regala qualche brivido, in tutti i sensi.
E poi ci sono bellissimi posti dove fermarsi lungo il cammino: come il bar-ristorante (e ha anche qualche stanza per la notte) ricavato dalla ex stazione di Chiusaforte, con varie memorabilia ferroviarie e persino la campanella ancora funzionante che annunciava l’arrivo dei treni. In più, si trovano anche attrezzi e un bravo meccanico in caso di problemi alla bici.
Ve la faccio breve, per non ripetere sempre le stesse cose: se avete qualche giorno e voglia di pedalare, venite qui, perché è sicuramente una delle più belle ciclabili che abbia mai visto.
E poi ci sono i paesi: Venzone, un piccolo gioiello circondato da mura medievali, che ho scoperto essere monumento nazionale. Nel senso che a essere considerato un monumento non è solo un palazzo o una chiesa, ma proprio tutto il paese nel suo insieme.
È qui che, con la guida di Aldo, bravissimo e preparatissimo responsabile dell’ufficio turistico locale, abbiamo visitato il museo dedicato al terremoto del 1976 e soprattutto alla sua gente. Non vi racconto ora i dettagli di quello che abbiamo visto e imparato perché è sera, sono stanca e rischierei di non rendere giustizia a una storia che merita di essere scritta con più calma e con spazi più adatti: ve ne riparlerò quindi una volta a casa. Ma quello che posso anticiparvi è che si tratta di una storia di gente speciale. Gente che non si è lasciata abbattere da un terremoto disastroso (e questo è già straordinario), ma che ha saputo trovare la forza di rialzarsi anche quando, quattro mesi dopo, un secondo terremoto ancor più violento del primo ha cancellato in pochi minuti tutto il faticosissimo lavoro di ricostruzione di cui si iniziavano a vedere i primi frutti. Gente speciale, che ha deciso del proprio destino con fierezza, dignità e determinazione, che ha saputo sostenersi a vicenda, che ha trovato soluzioni e guardato al futuro quando intorno c’erano solo macerie, che è riuscita, alla fine, a creare un patrimonio positivo di esperienze e competenze da un evento così dirompente e drammatico.
Se passate da queste parti, ritagliatevi un paio d’ore per visitare il museo, perché le cose che imparerete sono davvero innumerevoli.
Per stasera è tutto, anche perché dal sonno mi è già caduto di mano tre volte il telefonino con cui sto scrivendo.
A domani!!