La Gallura non è solo mare. Può sembrare il solito slogan pubblicitario poco convinto e ancor meno convincente, di quelli che ascolti e dici “seeeh, vabbè” mentre galleggi pancia all’aria in acque cristalline.
E invece no: è proprio vero.
E il territorio che sta “dentro”, in Gallura, non è solo grande, verdissimo e paesaggisticamente superbo; è anche assolutamente autentico. I paesi, qui, conducono la loro vita senza troppo scomporsi dalla vicinanza con la mondanità delle blasonate località della costa.
Per esempio Luogosanto, dove siamo stanziati in questi giorni: un borgo lindo e ordinato, arroccato su uno degli infiniti colli coperti di querce e arbusti della macchia mediterranea, affacciato su un panorama che spazia fino alla costa e più in là verso le Bocche di Bonifacio e la Corsica, con le sue botteghe, la gente che si saluta per la strada, una pro loco attivissima e accogliente, bambini che giocano e gruppi che si ritrovano la sera in piazza per allenamenti collettivi di fitness.

Insomma, un paese vivo. Che, come si può intuire dal nome, deve la sua notorietà soprattutto a elementi di tipo religioso. In particolare la basilica che si trova nel centro storico (nome integrale: Nostra Signora di Locusantu / Basilica della Natività della Beata Vergine Maria), oggetto di grande venerazione e fulcro di numerose cerimonie, la più importante delle quali è l’apertura della Porta Santa: una porta sul lato della facciata che viene aperta ogni 7 anni, che accoglie i pellegrini penitenti e dona loro l’indulgenza plenaria. (Nota pratica: la prossima apertura è per il 2026, quindi se avete qualche sostanzioso peccato in agenda vi conviene metterlo in atto entro un paio di anni e poi programmarvi un viaggetto in Sardegna).

Le origini di questa chiesa sono antichissime (pare risalga al 1227), anche se i rimaneggiamenti sono stati tali che dell’impianto originario è rimasto poco o nulla; e se l’esterno in pietra può vantare un’austera e gradevole semplicità, l’interno riserva invece qualche scoperta piuttosto sconcertante. La decorazione, in un improbabile stile neorinascimentale, è stata infatti realizzata da due volonterosi pittori nell‘immediato dopoguerra (più o meno intorno al 1946) per rimediare ai danni subiti dal monumento. Il risultato non è esattamente un capolavoro, ma l’amore che i devoti riservano a questo luogo risolve ogni incertezza stilistica. La cosa più curiosa è però il fatto che gli autori fossero evidentemente di origini meneghine: questo spiega un intero altare laterale interamente dedicato alla “madunina” (proprio lei, quella del duomo di Milano) e la vistosa scritta in impeccabile dialetto meneghino “L’e assee domà guardatt, per regordà el cel del nost Milan, la nostra cà” (è sufficiente guardarti per ricordare il cielo della nostra Milano, la nostra casa). L’effetto di trovare una simile affermazione in una chiesa gallurese, va detto, è parecchio straniante; tanto più che – con tutto l’affetto possibile – stando qui in Gallura l’ultima cosa che ti viene da rimpiangere di Milano è proprio il suo cielo bigio.

Elementi religiosi a parte, Luogosanto vanta anche molte altre caratteristiche notevoli, tra cui – motivo per cui sono venuta a questo viaggio organizzato da Regione Sardegna insieme a Terre di mezzo Editore – una straordinaria quantità di cammini. Alcuni dal taglio di pellegrinaggio religioso, altri più laici. Tutti, comunque, che si addentrano in un territorio dalla bellezza mozzafiato.
Però questo post è andato già molto per le lunghe: la nostra giornata a piedi nella macchia mediterranea ve la racconto nella prossima puntata.
Intanto, però, iniziate a segnarvi questi posti e a pensare a un bel giro a piedi o in bici per la prossima primavera: me ne sarete grati.
